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Più che una recensione, questa mia vuole essere un commento a quanto inviato da Antonio. Il caso Battisti è un libro tutt'altro che fazioso: fin troppo facilmente direi che semmai la faziosità sta proprio in chi in tutti questi anni si è arrampicato sugli specchi pur di condannare Battisti. Battisti è stato semplicemente il perfetto colpevole. Basta guardare le fotografie che i giornali decidono di pubblicare su di lui per capire il messaggio che i media vogliono diffondere: brutto, sporco e cattivo, e anche arrogante, irriconoscente, beffardo. Ma Battisti è tutt'altro Preciso che non l'ho mai conosciuto personalmente, ma amici comuni me lo hanno descritto, ricavandone tutta un'altra immagine da quella propinata. Non è certo il ricco scrittore circondato da un'aureola di romanticismo che incassa denaro e conquiste alle spalle delle vittime del terrorismo italiano. Un lavoro di portinaio tuttofare in un appartamentino ceduto dal condominio, di pochi metri quadri, così viveva Battisti a Parigi. Semplicemente il libro intende dimostrare che su Battisti prove di colpevolezza non ce ne sono. Non c'è un'incriminazione che possa essere seriamente documentata. La colpa di Battisti è di essere impopolare e di avere avuto l'opportunità, una volta presentatasi, di darsi alla fuga. Non è il figlio di una borghesia annoiata, è un borgataro della provincia laziale, un ladruncolo che il carcere ha politicizzato, e lo ha politicizzato come solo poteva venire negli anni '70: con l'adesione a un gruppo terroristico. Nel libro non c'è nessuna apologia del terrorismo, nè di Battisti come persona, ma certo se leggiamo l'Italia anche con la voce di un Lucarelli che ha scritto di Piazza Fontana e altre nefandezze legate ai servizi, ai depistaggi, alle stragi, certo il dubbio di una persecuzione politica non sembra così campata in aria. A giorni dovrebbe riaprirsi il caso. E mi sembra appunto venuto il momento, per rinfrescarsi la memoria, sia accettando la tesi del libro che mantenendo le proprie opinioni, di rileggerlo.
Questo libro è un esempio di militantismo e faziosità con pochi eguali. Mette insieme gli appelli e le "ragioni" degli amici di Battisti. La prefazione contiene un ridicolo parallelo tra l'estradizione di Battisti dalla Francia all'Italia e un ipotetica estradizione dall'Italia alla Cina o alla Birmania. Immersi nei fumi ideologici di un soccorso rosso fuori tempo massimo, gli autori fanno finta di ignorare che l'Italia è un paese di diritto, o non farebbe parte di quell'Unione Europea che attraverso una sua corte ha giudicato conforme alle norme del diritto internazionale la condanna in contumacia di Battisti. Si tenta di negare senza successo l'evidente contraddizione di un Paese che si erge pomposamente a difesa dei diritti "violati" dei terroristi altrui, ma lascia giacere in carcere terroristi còrsi malati terminali di cancro. In breve, questo versione sbrodolata di un tazebao sessantottino irrita per la partigianeria e fa ridere come reperto di un decennio, gli anni '70, in cui lo sport preferito dell'intellighenzia occidentale era fornire ai "rivoluzionari" sponde ideologiche e letti per dormire, come presumibilmente succede ancora col Battisti latitante in Francia.
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